I plebei

Il termine plebe deriva dal latino plebs e indica la moltitudine, la folla.
Nell'Antica Roma la plebe rappresentava gli strati meno abbienti: principalmente artigiani, piccoli proprietari terrieri, mercanti e contadini che lavoravano le terre dei patrizi.
Alla loro minore disponibilità di ricchezza corrispondeva una forte emarginazione politica.
Spesso erano clientes di qualche famiglia patrizia: offrivano i loro servigi in cambio della protezione del capo famiglia che diveniva il loro patrono.
I clienti erano tenuti alla salutatio (omaggio, visita mattutina), al rispetto, alla propaganda e al voto in caso di elezioni.
Il patrono di contro distribuiva le sportulae (canestrini con cibo o denaro) al mattino o in occasione di grandi feste.

I plebei avevano, rispetto ai patrizi, una limitata capacità di diritti politici: per quanto attiene invece al diritto privato non sembra che vi fossero per essi icapacità giuridiche (fatta eccezione che per lo ius connubium - il diritto ad un matrimonio legittimo -vietato tra patrizi e plebei per un breve periodo).

 Dopo la secessione(1) del 496 a.C. la plebe riuscì a far riconoscere i propri diritti e a far eleggere i propri rappresentanti, i tribuni della plebe.
Ai tribuni della plebe spettarono le seguenti prerogative: la sacrosanctitas, ovvero l'inviolabilità personale, lo ius auxilii, cioè il diritto di aiuto nei confronti di un uomo della plebe, ed infine la intercessio, ovvero il diritto di veto contro i decreti dei magistrati.

All’interno di questa massa eterogenea, che era la plebe, si distinguevano tre categorie di persone: gli ingenui (individui nati liberi), cui l’ordinamento riconosceva personalità giuridica, i liberti (schiavi emancipati), i quali godevano di una limitata capacità giuridica e i servi (gli schiavi), ai quali l’ordinamento non attribuiva alcuna personalità giuridica e nessuna capacità di essere titolari di diritti, al contrario erano oggetto di diritti come le cose.

(1)Secondo la tradizione Menenio Agrippa riportò a Roma i plebei, ritiratisi per protesta contro i patrizi sul Monte Sacro. Riuscì a convincerli con il celebre discorso in cui paragonava metaforicamente l'ordinamento sociale romano ad un corpo umano, nel quale tutte le parti sono essenziali e ammise che effettivamente se le braccia smettessero di lavorare lo stomaco non si nutrirebbe, ma ribatté che ove lo stomaco languisse, le braccia non riceverebbero la loro parte di nutrimento. La situazione fu velocemente ricomposta ed i plebei fecero solerte ritorno alle loro occupazioni.
"Olim humani artus, cum ventrem otiosum cernerent, ab eo discordarunt, conspiraruntque ne manus ad os cibum ferrent, nec os acciperet datum, nec dentes conficerent. At dum ventrem domare volunt, ipsi quoque defecerunt, totumque corpus ad extremam tabem venit: inde apparuit ventris haud segne ministerium esse, eumque acceptos cibos per omnia membra disserere, et cum eo in gratiam redierunt. Sic senatus et populus quasi unum corpus discordia pereunt concordia valent." (Liv. II, 32)

 
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